martedì 18 marzo 2014

Non-Recensioni: LEI (Her) di Spike Jonze

CHIODO SCACCIA CHIODO AI TEMPI DI SIRI?

"Due bionde piccole" ed il bello è che ce le porta subito.

Lui mi guarda ed alza il bicchiere per chiedere il cin-cin. Me ne accorgo con leggero ritardo, il tempo che serve a rendere il suo braccio alzato, bicchiere alla mano, piuttosto imbarazzante. Mi affretto a rispondere al cin-cin e guardo il bicchiere per centrare il suo.

"Ci si guarda negli occhi!" mi dice lui, ammonendomi.
"Ed io guardo la birra" chiudo io.

Le bevute post-cinema hanno un altro sapore. Quel sapore di discussione, di analisi, di amore per il cinema. Una birra in pellicola. E bisogna stare attenti che prende subito fuoco.

Il film di stasera è Her di Spike Jonze. Quello di Being John Malkovich si. Esatto. Ed è stato un film...mmm...come riassumere le emozioni provate in un breve commento introduttivo? Beh, diciamo che è uno di quei film che necessitano di una birra in pellicola dopo averli visti.
Ma beviamola lentamente.

Innanzitutto un pensiero viene subito alla mente all'exit del cinema: le proprie esperienze di vita, i propri sentimenti, il proprio passato influiscono decisamente su ciò che un film è; per ognuno di noi. L'unica cosa in comune è che il cinema...è pura empatia!

E questo mi è subito venuto in mente guardando Her, perché Her...parla di rotture. La fine di una relazione e la necessaria rottura con il proprio passato.
"Il passato è solo una storia che ci raccontiamo a noi stessi" grida il film. E questo è il senso di Lei.
E siccome il cinema è empatia questa birra in pellicola era perfetta per me in questo momento.

Vogliamo cadere nel banale? Cadiamoci: quando finisce una relazione importante c'è un percorso intimo che noi facciamo che ci porta alla fine a superare quel malinconico momento pieno di tristezza e rancori. Un percorso più o meno lungo, più o meno doloroso ma di cui l'inizio e la fine sono chiari: inizia con la fine di una relazione, finisce con l'inizio di un'altra vita.

Il mio amico ha quasi raggiunto metà della sua birra e tira fuori una sua teoria sulla vita: dice che la vita di ognuno di noi non è nulla in confronto all'eternità e che corrisponde ad un semplice punto schiacciato da una linea retta infinita;
Io non capisco bene questo cosa centri con la nostra conversazione cinematografica ma gli rispondo dopo un sorso della mia bionda piccola che quello è solo un modo di vedere la vita; dall'esterno. Se noi invece andiamo a vedere dal nostro piccolo punto di vita, con umiltà...possiamo espandere i giorni e vederne ogni attimo dandogli un valore.

E poi mi viene in mente che è proprio questo che Spike Jonze fa con Her: prende il momento esistenziale di un uomo reduce dal fallimento di un amore e lo espande, fotografandolo con un iPhone di ultima generazione e pubblicandolo su un social qualunque filtrandolo con Instagram.

"Tu non sai cosa vuol dire perdere qualcuno a cui tieni […] io aspetto che non m’importi più di lei"

Il mio amico esplode. "Cristo santo ma non è possibile raccontare la storia d'amore tra un uomo e un sistema operativo, dai. O per lo meno se è così alla fine falli mettere insieme per davvero, che ne so: un robot? Che prende le sembianze di donna e la voce di Samantha! Che cazzo ne so. Ma comunque è assurdo".

Rido. Rido perché anche lui come molti autori di recensioni che ho letto non hanno capito.
"Tu credi - gli chiedo - che 'Lei' a cui si riferisce il titolo del film sia il sistema operativo? Credi che la storia d'amore di cui parla il film sia quella con la voce di Scarlett Johannson?"
No, gli dico. Non è così. La storia d'amore di cui si parla è quella storia fallita con Catherine, la sua ex moglie.
La voce, il sistema operativo, Samantha, l'entità sonora sempre in fase preorgasmica di Scarlett Ramazzotti...quella non è Lei.
Il Sistema Operativo OS1 serve a Theodore per un solo motivo: riuscire a rompere con il pesante legame che ha con il proprio fallito passato.

La metafora del film è chiara, seguiamone la trama: Theodore e Cathrine sono sposati. Tra di loro inizia ad andare male. Cathrine lascia Theodore e chiede il divorzio. Theodore passa un anno a rimuginare e a distruggersi per capire cosa ha fatto di sbagliato, senza pensare che si è sposati in due, si sbaglia in due e si divorzia in due. Entra in campo Samantha, il sistema operativo, che con il suo entusiasmo per il mondo, inizia ad aprirgli gli occhi: si può andare avanti! Theodore accetta di firmare il divorzio perché crede di essere pronto per una nuova storia (si con il suo computer) ma…ecco che rientra in gioco Cathrine, o meglio il giudizio della ex moglie che ha sempre influenzato e continua ad influenzare la vita di Theodore.

Ed il film, credo io, ha un preciso significato che si rivela nelle pieghe del dialogo che avviene tra Theodore e Cathrine quando s’incontrano per firmare le carte del divorzio.

“M’intristisce molto sapere che tu non riesci a gestire emozioni reali, Theodore” dice  Cathrine quando sa della storia con il laptop e quando una cameriera chiede se andasse tutto bene, Cathrine parte con la sentenza massima:
“Tutto bene. Eravamo sposati, ma lui non mi sapeva gestire, mi voleva dare il Prozac e ora sta con il suo portatile!”

Il mio amico ha praticamente finito la birra e mi guarda con un’espressione diversa.
“Ho capito perché ti è piaciuto tanto questo film! Mi ricorda tanto…” e lo fermo subito. Ha ragione. Ma non è di questo che voglio parlare. Gli dico che alla fine tutte le relazioni sono difficili, che come dice Amy Adams nel film “L’Amore è una pazzia. E’ come se fosse una forma di follia socialmente accettabile!” e quando lo dico un uomo dal bancone si avvicina; è vecchio, quasi sull’ottantina, ha degli occhiali spessi e neri e dice con una voce simile a quella di Oreste Lionello: “questo mi fa pensare a quella vecchia barzelletta, sapete... Quella dove uno va dallo psichiatra e dice: ‘Dottore mio fratello è pazzo, crede di essere una gallina’, e il dottore gli dice: ‘perché non lo interna?’, e quello risponde: ‘e poi a me le uova chi me le fa?’. Be', credo che corrisponda molto a quello che penso io dei rapporti uomo-donna. E cioè che sono assolutamente irrazionali, ehm... e pazzi. E assurdi, e... Ma credo che continuino perché la maggior parte di noi ha bisogno di uova!”  e se ne va!

Il mio amico, come se non fosse successo niente, mi fa: “Ho capito ma…se come dici tu Samantha gli serve solo come strumento per superare il fallimento del suo matrimonio…perché quella scena con Amy Adams, quando lui ha dei dubbi sulla sua relazione con Samantha dopo la discussione con la ex moglie?”
E mentre lo dice mi ricordo la scena di cui parla, l’altra scena fondamentale che fotografa perfettamente il nostro Theodore attraverso questo dialogo con l’amica Amy Adams.

“Non so quello che voglio, non lo so mai. Sono sempre confuso e…lei ha ragione, non faccio che ferire e confondere chi mi sta intorno. E’ possibile che sia davvero…Cathrine dice che non so gestire emozioni reali.”
“Non Credo sia giusto dire questo…so che lei ha sempre dato la colpa a te ma…in quanto a emozioni, quelle di Cathrine erano piuttosto mutevoli.”
“Si ma…io ho questa storia perché non sono abbastanza forte per una relazione reale?”
“Pensi che non sia una relazione reale?

Ed il mio amico finisce la birra ed esplode di nuovo: “Esatto! NO! Non è una relazione reale, perché dopo questo film lui inizia a percepirla come tale? Non lo è! E’ un sistema operativo! Un computer e SI! NON SEI ABBASTANZA FORTE PER UNA RELAZIONE REALE!” ed io rido di nuovo. Ha ragione ma non ha capito il film, probabilmente.

Theodore ha bisogno di credere che quella sia una relazione reale per superare il legame che ha con il giudizio della ex moglie. “Cathrine dice…” è ciò che gli occupa la maggior parte dei suoi pensieri, e non riuscirà mai ad avere una relazione reale fintanto che sarà così. Ecco perché è necessario che creda di avere una relazione reale con il nuovo modello di Siri!

Ed infatti nella seconda parte del film e sul finale vediamo questo: Theodore sostiene questa relazione che in realtà si rivela in tutta la sua irrealtà. Samantha inizia ad essere ciò che è veramente, un computer! E quando alla fine se ne va, perché tutti i sistemi operativi si rintanano in chissà quale mondo virtuale fatto proprio per loro e smettono di far finta di essere persone, abbandonando qualsiasi tipo di rapporto con gli esseri umani…cosa accade a Theodore, apparentemente reduce da un secondo fallimento d’amore?
…torna a pensare a Cathrine! Ma non con malinconia. Il film si chiude con una mail/lettera mandata a Cathrine in cui Theodore dimostra di aver finalmente rotto con il proprio passato e di essere finalmente pronto a guardare il futuro, meravigliosamente incorniciato dalla skyline di una LosAngeles/Shangai al tramonto.

“E’ ora di tornare a casa!” dico al mio amico e faccio per alzarmi. Lui quasi per dare un tono d’ironia finale rialza il bicchiere vuoto per il cin-cin. Io prendo il mio e guardo il bicchiere mentre centro il suo.
"Ci si guarda negli occhi!" mi dice lui, ammonendomi di nuovo.
"Ed io guardo la birra" ripeto.
Lui risponde: “Ma il bicchiere è vuoto”.
“Lo so!” e me ne vado.
Mentre torno a casa ripenso alla mail/lettera di Theodore per Cathrine. Penso che al posto di Theodore e Cathrine potremmo scriverci qualsiasi nome, potrei scrivere il mio.
E penso a quanto mi piace il cinema quando mi fa questo.
A quanto adoro le birre in pellicola.
A quanto amo tornare a casa dopo un film del genere, passando tra le ceneri della mia di vita…fotografandole con il mio iphone e instagrammandole con i miei filtri.

Scrivi lettera a Catherine:
Cara Catherine, Sono stato qui a pensare a tutte le cose per cui vorrei chiederti scusa. A tutto il dolore che ci siamo inflitti a vicenda. A tutte le cose di cui ti ho incolpato. A tutto ciò che volevo tu fossi o dicessi. Mi dispiace per tutto ciò…
Ti amerò per sempre perché insieme siamo cresciuti…e mi hai aiutato a diventare quello che sono. Voglio solo che tu sappia…
…che dei frammenti di te resteranno per sempre in me…e di questo ne sono felice.
Qualunque cosa tu sia diventata e ovunque ti trovi nel mondo,
Ti mando il mio amore. Sarai mia amica per sempre,
Con affetto,
Theodore.

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